Otto momenti iconici nella carriera di Eddy Merckx

Abbiamo raccolto le otto immagini che, da sole, potrebbero a definire l'intera carriera del Cannibale

La maggior parte degli appassionati di ciclismo è in grado di ricordare almeno un paio dei record di Eddy Merckx: il record (detenuto congiuntamente) di vittorie al Tour de France (5); il record di vittorie di tappa del Tour de France, a pari merito con Mark Cavendish (34); il record di vittorie assolute nei grandi giri (11); il record di vittorie nelle classiche Monumento (19 in tutti e cinque le prove); tre titoli mondiali su strada; record dell'ora dal 1972 al 1994; vincitore di tutte le classiche tranne due.

Eppure, i numeri e le vittorie non sono sufficienti a definire una leggenda. Le statistiche non possono dipingere il quadro completo dell'impatto che Merckx ha avuto sul ciclismo professionistico. Per questo è necessario sapere come ha fatto. E qui di seguito trovate otto momenti cruciali che hanno plasmato la carriera di un vincitore nato.

L'imperatore e il Cannibale – Il debutto, 1965

Un giovane Eddy Merckx alza le braccia al cielo in una delle prime vittorie della sua carriera. Foto: Getty Images.

Quando Eddy Merckx passò al professionismo, la reputazione da campione del mondo amatoriale contava poco. E anche il futuro Cannibale era ancora un po' verde per le necessità della nuova vita da pro.

Infatti, nell'aprile 1965, Merckx non riuscì a finire la sua prima gara, la Fleccia Vallone. Le velocità erano alte, le gare intense e, soprattutto, c'erano gerarchie da rispettare.

Nella sua squadra scarlatta Solo-Superia, così come nel ciclismo belga e nello sport in generale, Rik Van Looy era il dominatore assoluto. Il prolifico campione era soprannominato "l'imperatore di Herentals" anche se la sua legge assomigliava di più a una dittatura.

Van Looy non vide di buon occhio il giovane Merckx, tanto che lo prendeva spesso in giro. Van Looy e il suo gruppo di fedeli compagni di squadra (la Guardia Rossa) soprannominarono il giovane Merckx Jack Palance, come l'attore di Hollywood famoso per interpretare i cattivi.

Quando Merckx dovette prendere parte al servizio militare, i due corsero raramente assieme. Ma nelle poche uscite con la squadra, Merckx non ricevette consigli né protezione da parte dei compagni di squadra. E dopo appena una stagione con la Solo-Superia, Merckx ne aveva abbastanza. Se voleva diventare un campione, doveva trasferirsi altrove.

Merckx passò alla squadra francese Peugeot e poi alla Faema. Alla fine degli anni '60, quando Van Looy entrò nel suo crepuscolo e Merckx nel suo massimo splendore, la rivalità tra i due divenne ancora più tossica: e il vecchio campione seguiva ostinatamente il pretendente nelle varie gare cercando di batterlo, ma senza riuscirvi.

A 50 anni di distanza da quegli episodi e dinamiche, Merckx è ancora irritato per il trattamento ricevuto da Van Looy.

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Come un fulmine – Tre Cime di Lavaredo, Giro d’Italia, 1 giugno 1968

Eddy Merckx, vincitore del Giro d'Italia a Napoli, 12 giugno 1968. Foto: Keystone-France/Gamma-Rapho via Getty Images.

Era più o meno la metà del Giro d'Italia del 1968. Merckx aveva già vinto due tappe in modo perentorio, attaccando già nella prima frazione per un'improbabile vittoria in solitaria, e poi staccando i rivali sul Blockhaus.

Ma la portata del suo talento non era ancora stata ben compresa. Con due successi nella Milano-Sanremo, alcuni pensavano che Merckx non avesse la resistenza per vincere anche nelle corse a tappe. E il titolo della Gazzetta dello Sport dopo la vittoria al Blockhaus leggeva "Il velocista belga vince in montagna."

Ma non appena il Giro arrivò sulle Dolomiti, il racconto sarebbe cambiato e la tappa alle Tre Cime di Lavaredo sarebbe diventata quella che avrebbe lanciato definitivamente la carriera di Merckx.

Le condizioni meteo, buone al mattino, peggiorarono nel corso della giornata, e la pioggia si trasformò in neve sulla salita finale. Imperterrito, Merckx si mise all'inseguimento di una fuga ed eliminò gli avversari uno dopo l'altro. In quell'occasione era stato in parte aiutato dall'esperto compagno di squadra della Faema Italo Zilioli, che aveva contribuito a smorzare l'irruenza del futuro campione.

Merckx vinse la tappa e solo Giancarlo Polidori e Zilioli finirono con meno di un minuto di distacco dal Cannibale. Dietro di loro, i migliori ciclisti in circolazione furono messi a ferro e fuoco. Quello che stupì tutti non fu solo il modo spietato con cui Merckx annientò l'ordine stabilito, ma anche la sua determinazione in condizioni di corsa così spaventose. Al traguardo, nel rifugio dove si mettevano al riparo i corridori, pronunciò una sola parola: "Terribile...".

Per i vinti è stato molto peggio. Felice Gimondi, il campione in carica, perse sette minuti. Mentre si rannicchiava nel rifugio in cerca di riparo scoppiò in lacrime e il suo rivale Gianni Motta lo consolò abbracciandolo.

Erano tutti impotenti, folgorati, uniti nello smarrimento. E psicologicamente, per i rivali di Merckx, fu una batosta inspiegabile.

La potenza di Merckx si sarebbe ripetuta negli anni a venire e i suoi avversari avrebbero iniziato a chiedersi: Come ha fatto? E cosa possiamo fare?

Quel giorno, sulle Tre Cime di Lavaredo, fu il primo banchetto del Cannibale. Merckx vinse il Giro, il suo primo grande giro, dieci giorni dopo. Non male per un velocista belga.

Merckxissimo – Mourenx, Tour de France, 15 luglio 1969

Eddy Merckx sull'Aubisque durante la 17esima tappa del Tour de France (Luchon-Mourenx), il 15 luglio 1969. Foto: STAFF/AFP via Getty Images.

I corridori erano alle ultime tappe sui Pirenei e il Tour de France era saldo nelle tasche di Eddy Merckx, che aveva un vantaggio di otto minuti nella generale.

Eppure, quando arrivò a Mourenx, il giovane campione stava preparando qualcosa di straordinario.

Con ancora 100 chilometri da percorrere, il compagno di squadra di Merckx, Martin Van den Bossche, accelerò in prossimità della cima del Tourmalet per prendere punti per la maglia a pois. Ma Merckx lo raggiunse e lo staccò prima di affrontare la discesa.

A fondovalle nessuno riuscì a riprenderlo e lui continuò a spingere forte.

Il suo vantaggio aumentò. Gli altri inseguivano, ma invano. Raymond Poulidor e l'eventuale secondo classificato Roger Pingeon finirono a otto minuti, con Gimondi a 15 minuti. Fu un altro massacro. Un solo uomo aveva distrutto un intero gruppo in un modo che non si era mai visto prima.

Il suo modo di correre ribaltò l'idea che un leader dovesse correre in difesa o essere generoso con gli avversari e con i suoi stessi compagni di squadra una volta assicurata la vittoria.

Merckx era avido, ma irresistibile e spettacolare. Questo colpo di grazia è venuto dalla fame, ma anche dall'ansia: la corsa potrebbe cambiare in qualsiasi momento quindi perché lasciarsi scappare una vittoria quando si può anche colpire l'avversario?

L'organizzatore del Tour e giornalista de L'Equipe Jacques Goddet ha coniato la parola "Merckxissimo" per descrivere la prestazione di Merckx a Mourenx, quella per cui Merckx è ricordato maggiormente. Su queste rampe c'era un ventiquattrenne all'apice della sua prestanza fisica che mostrava forza e coraggio unici.

Blois, 9 settembre 1969

Eddy Merckx per terra nel velodromo di Blois dopo la caduta nel settembre 1969. Foto: AFP/AFP via Getty Images.

Ma nessuna vita, tanto meno una carriera sportiva, è priva di insidie. Per ogni trionfo – dietro l'angolo – c'è sempre una sconfitta, un duro colpo da affrontare.

Quella del settembre 1969 era un'apparizione in pista come molte altre. La gara era stata organizzata nella città francese di Blois, ed era un modo per i corridori di arrotondare le rispettive entrate annuali. Tra di loro c'era anche il cinque volte vincitore del Tour de France Jacques Anquetil - e tutti correvano al massimo dietro motore.

All'inizio della competizione, due corridori caddero davanti a Merckx e al suo pilota di derny, Ferdnand Wambst. Il margine di reazione era limitato, e a seguito della caduta Wambst perse la vita. Merckx colpì uno dei corridori a terra e fu catapultato in aria. Cadde violentemente battendo la testa, e a seguito dell'importante perdita di sangue, il Cannibale perse i sensi. 

Merckx passò quattro giorni in ospedale e si riprese, ma per lui il ciclismo non fu più lo stesso. I fianchi e la schiena erano stati duramente colpiti e per il resto della sua carriera il dolore e il disagio erano ormai delle costanti. A volte, a causa del dolore, la gamba gli si bloccava anche durante le competizioni.

Tuttavia, la percentuale di vittorie di Merckx non cambiò molti negli anni seguenti; quello che cambiò furono il metodo e la strategia di Merckx, in quanto dovette affinare le proprie tattiche e non puntare soltanto sulle incredibili doti fisiche.

Ma dopo Blois, qualcosa di profondo cambiò nella psicologia del campione. Dopo l'incidente non poteva più dare per scontato il suo talento e forse comprese che non poteva dare per scontata nemmeno la sua vita.


Supernaturale – Velodromo André-Pétrieux, Roubaix, Parigi-Roubaix, 12 aprile 1970

Eddy Merckx vince la Parigi-Roubaix nel 1970 con cinque minuti di distacco. Photo: STF/AFP via Getty Images.

Eddy Merckx

Merckx in testa al gruppo al Tour 1971 nella tappa con arrivo ad Orcière-Merlette.

Tutti i grandi dello sport hanno bisogno di un rivale che spinga i loro limiti: Muhammad Ali aveva Joe Frazier; Jack Nicklaus aveva Tom Watson; e Jacques Anquetil aveva Raymond Poulidor.

Lo stesso Merckx aveva rivali di grande calibro. Corridori come Felice Gimondi, Raymond Poulidor, Joop Zoetemelk, Walter Godefroot e Roger De Vlaeminck erano sempre in battaglia con il Cannibale, anche se il belga era sempre a un livello superiore.

Ma il corridore che più si avvicinò a rovesciarlo nel suo periodo d'oro fu uno scalatore insidioso e burrascoso di nome Luis Ocaña. Lo spagnolo non aveva alcuna intenzione di mettersi in riga e accettare l'egemonia di Merckx.

I due avevano un'antipatia reciproca, in parte coltivata dalla stampa. Sulle Alpi, durante il Tour de France del 1971, le azioni parlarono più forte delle parole. Ocaña fu sublime. Sul traguardo di Orcières Merlette, sbaragliò tutti quanti. Il corridore a lui più vicino sul traguardo fu Van Impe (a quasi sei minuti); Merckx finì terzo, con un enorme ritardo di 8 minuti e 42 secondi, e consegnò la maglia gialla allo spagnolo.

Da questa umiliazione senza precedenti, il campione in carica cercò di vendicarsi. In una tappa apparentemente innocua verso Marsiglia, orchestrò i suoi compagni di squadra della Molteni in un attacco a sorpresa e ridusse il deficit nei confronti di Ocaña a due minuti.

Da quel momento in poi, ogni qualvolta che Merckx vedeva una debolezza nel rivale, ne approfittava. Tanto che due giorni dopo, anche per la pressione esercitata da Merckx, Ocaña cadde in una discesa sui Pirenei.

Ma è un dato di fatto che quell'esperienza al Tour de France del 1971 iniziò ad allentare la morsa di Merckx nel ciclismo professionistico.

Il record dell'ora – Città del Messico, 25 ottobre 1972

Eddy Merckx al velodromo Olimpico di Città del Messico il 25 ottobre 1972. Foto: AFP via Getty Images.

Merckx concluse la stagione 1972 con la forma fisica migliore dopo l'incidente di Blois. Ma dopo aver corso più di 120 giorni, c'era ancora una sfida ad aspettarlo: quella contro il tempo, per correre e battere il record dell'ora di Ole Ritter di 48,653 chilometri.

Il record dell'ora è uno dei test più puri nel ciclismo: quanta strada può percorrere un uomo in 60 minuti di orologio? Merckx, oltreché voler provare la sfida, voleva anche un confronto con i campioni del passato come Anquetil e Coppi che avevano alzato l'asticella prima di lui.

Ernesto Colnago realizzò la bici da corsa superleggera per il tentativo di Merckx. In preparazione per il tentativo, medici e scienziati trasformarono il garage di Merckx a Bruxelles in un soffocante bunker di aria rarefatta per abituarlo alle condizioni che avrebbe trovato in Messico.

E anziché aumentare gradualmente fino a un ritmo record, Merckx partì come un fulmine e cercò di mantenere la sua velocità per i 60 minuti successivi. Era testardo, ma efficace; più tardi si scoprì che non si era nemmeno allenato per uno sforzo di quel tipo.

Il tormento, però, era anche mentale. Il giornalista olandese René Jacobs, che aveva aiutato a ideare la strategia per l'Ora, suonava una campana per mantenere il campione al passo stabilito; se Merckx era in anticipo, suonava dopo che aveva passato il traguardo, ma se era in ritardo, quel suono era un richiamo ad aumentare il ritmo.

Merckx segnò il nuovo record con 49,341 km. E la prova lasciò i segni sul Cannibale: così come tutti i corridori che hanno provato il record, anche Merckx lo ricorda come il peggior dolore della sua vita in bicicletta.

L'inizio della fine – Pra-Loup, Tour de France, 13 luglio 1975

Eddy Merckx davanti al francese Bernard Thévenet nella 15esima tappa del the Tour de France 1075 (Nice-Pra-Loup; 13 luglio 1975). Foto: AFP via Getty Images

Durante la sua carriera Merckx attaccò così tante volte, e con così tanta voracità, che forse non è un caso che la sua parabola discendente sia stata altrettanto drammatica.

Tour de France 1975. Ancora una volta, Merckx prese la maglia gialla con un'impressionante vittoria a cronometro ed estese il suo vantaggio con un'altra vittoria contro il tempo sui Pirenei. Nulla sembrava preannunciare la débacle.

C'erano però altri fattori esterni in gioco. In prossimità del traguardo sul Puy-de-Dôme, uno spettatore uscì allo scoperto e colpì Merckx alla schiena. Merckx rallentò visibilmente e crollò per il dolore dopo il traguardo. Quell'episodio non fu solo un ostacolo a sé stante per il campione belga, me rappresentava un'ostilità crescente nei confronti di un corridore che aveva a lungo dominato lo sport. 

Il giorno successivo era il giorno della Nizza-Pra-Loup con diverse Alpi da affrontare. Merckx attaccò il suo rivale più vicino, Bernard Thévenet, sul Col d'Allos ed estese il suo vantaggio nella discesa successiva.

Ma la salita finale verso Pra-Loup passò alla storia come il momento in cui la stella di Merckx si spense per sempre. A metà salita, Merckx cominciò a rallentare in maniera incredibile; e prima lo passò Felice Gimondi, poi lo stesso Thévenet.

Il pretendente e il re; il cacciatore e il cannibale. In un secondo appena, Thévenet raggiunse Merckx e sparì all'orizzonte. L'incantesimo di Merckx stava per essere rotto dal francese.

"A quel tempo, era impensabile - inimmaginabile - poter infliggere un minuto a Merckx in due chilometri. Ho detto 'forse posso prendere 30 secondi, poi sarò sotto di 20 secondi per l'Izoard domani'", disse Thévenet.

Ma Thévenet aveva sottovalutato le sue capacità e la portata del crollo di Merckx. Il belga perse quasi due minuti in due chilometri. Il vantaggio era adesso del francese che lo incrementò ancora il giorno successivo.

"Quando ho aperto gli occhi la mattina dopo e ho visto la maglia gialla sulla sedia accanto al mio letto, mi sono chiesto: cosa sto facendo nella camera da letto di Merckx?" raccontò modestamente Thévenet.

Verso fine gara, Merckx cadde mentre pedalava verso la partenza e si ruppe lo zigomo. Il campione faceva fatica anche a mangiare e gli fu quindi consigliato di abbandonare.

Ma lui rifiutò, si presentò alla partenza e lanciò anche qualche attacco. Thévenet vinse il Tour de France e la magnanimità e la tenacia di Merckx furono acclamate.

Merckx aveva appena compiuto 30 anni, ma questo fu senza dubbio l'inizio della fine della sua carriera. E nel giro di tre anni, si ritirò dallo sport.

"Ero psicologicamente esausto. Ho sempre voluto vincere, ma non potevo più. Mi resi conto che mi stavano circondando come un leone ferito", disse Merckx.

Il cacciatore era diventato la preda.

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