Primož Roglič | Caos Calmo

Primož Roglič era ancora una volta uno dei favoriti dei favoriti per la vittoria finale al Tour de France 2022. C’è sempre un’incognita però, quando si parla di lui come corridore. Prima del Tour lo avevamo intervistato e gli avevamo chiesto della sua missione di diventare la versione migliore di sé stesso.

Articolo pubblicato originariamente su Rouleur Italia n. 09

Il robot che esprime qualità umane è un classico dei film di fantascienza. I replicanti in Blade Runner, o David in AI – Artificial Intelligence, sono personaggi avvincenti non tanto per la loro perfezione tecnologica ma perché sono soggetti capaci di esprimere la propria umanità mostrando fragilità, complessità e perfino qualche debolezza. Gli spettatori non stano mai dalla parte di robot implacabili e insensibili come Terminator. Questo è un aspetto da tenere ben presente quando si analizza la vita e la carriera di Primož Roglič. L'avvincente storia dei suoi primi anni da ciclista professionista – che fosse uno sciatore che faceva salto con gli sci è già stato scritto migliaia di volte - è stata una vera avventura rocambolesca, una trasformazione ancora più interessante di quanto si immagini. Quando Roglič è diventato uno dei più seri pretendenti alla vittoria finale di un grande giro però, la percezione generale era che si trattasse di un personaggio un po' noioso. Correva in modo piuttosto conservativo, protetto da una squadra fortissima costruita attorno a lui e affidandosi alle sua grandi qualità nelle prove a cronometro e sugli arrivi in salita. L’espressione del suo volto durante le corse era monotonamente neutra; le sue affermazioni in conferenza stampa volutamente blande, anche se ha sempre avuto la reputazione di essere uno capace di fare osservazioni profonde e curiose sulla vita e sulle corse di ciclismo, quando vuole.

Il periodo della sua carriera compreso tra il 2019 e il 2020 è stato straordinario in termini di risultati. Se si contano le corse di un giorno e le classifiche delle corse a tappe, tra il 2019 e il 2020, a parte due DNF, ha terminato solo una volta una corsa al di fuori dei primi dieci classificati. I suoi risultati nel 2019, dicono così: 1°-1°-1°-3°-4°-1°-12°-DNF-1°-1°-7°-3°. Nel 2020, i risultati sono stati: 1°-2°-1°-DNF-2°-6°-1°. La sua regolarità di risultati, è incredibile.

 

Dopo la curiosità suscitata nei primi anni, il noioso Roglič di metà carriera è stato poi sostituito da una sua versione più scoppiettante dei giorni nostri. Il tono di voce piatto delle sue interviste post-gara non è affatto cambiato ma la gente ha capito che in realtà è un tipo piuttosto divertente. L’ironia che infila in certe frasi invece che essere ignorata ha cominciato ad essere apprezzata. La sua prima vittoria alla Vuelta è stata costruita sulla tattica di corsa a rullo compressore che la sua squadra, la Jumbo-Visma, ha imparato a mettere in pratica dal Team Sky/Ineos. Per la sua terza vittoria, l'anno scorso, si è alleato  a Egan Bernal in un attacco a due sulla strada per Lagos de Covadonga, allungando a 60 km dal traguardo. Sul traguardo è arrivato da solo, precedendo il secondo classificato di oltre un minuto e mezzo. La conferenza stampa dopo la tappa è stata probabilmente la più brillante della sua carriera. 

Il punto di svolta della sua ritrovata popolarità è stata la terribile sconfitta subita per mano di Tadej Pogačar nella cronometro finale del Tour de France 2020. Fino a quel momento Primož Roglič aveva corso in modo impeccabile, conquistando una vittoria in salita, sopravvivendo ai ventagli dell’Occitania, conquistando la maglia gialla sui Pirenei e difendendola poi sul Massiccio Centrale e sulle Alpi. Ma durante la cronometro sulla Planche des Belles Filles l’impensabile era accaduto e la maglia gialla del Tour meno interessante degli ultimi anni (escluso quello del 2022, uno dei più noiosi di sempre) era stata sfilata dalle sue spalle.

In breve Roglič ha cominciato a diventare simpatico al grande pubblico quando la televisione lo ha mostrato in affanno, paonazzo in volto e con un casco giallo da cronometro di una taglia in meno messo un po’ di traverso sulla sua testa. Il suo personaggio si è fatto interessante nel momento in cui ha fatto vedere di essere vulnerabile, perdendo corse che sembravano già vinte.

Probabilmente Primož Roglič cerca soltanto di evitare il caos. Tendo a pensare che lavori duramente per avere una vita ordinata e prevedibile, facile da gestire. Eppure il caos lo perseguita e ordisce trame contro di lui. Per Roglič le situazioni sembrano essere un sistema binario, due soluzioni soltanto: o trionfo, o un disastro. Quindici giorni dopo aver subito una batosta storica al Tour de France, una di quelle che psicologicamente potrebbe mettere fine non soltanto a una stagione ma anche a una carriera, lo scorso anno aveva vinto la Liegi-Bastogne-Liegi con un finale rocambolesco, battendo sulla linea del traguardo un Julian Alaphilippe con le braccia alzate, impegnato a festeggiare troppo presto. Poche settimane dopo Roglič aveva vinto la sua seconda Vuelta. Al Tour del 2022 è caduto e si è infortunato, ritirandosi dalla corsa; poi poche settimane dopo era arrivato l'oro olimpico a cronometro e prima di fine stagione la terza vittoria alla Vuelta. Questa stagione si preannuncia simile: una vittoria convincente alla Parigi-Nizza, poi un infortunio al ginocchio a Itzulia quando era in testa alla corsa che lo ha messo fuori gioco. Non c'è bisogno del test Voight-Kampff di Blade Runner per riconoscere l'umanità di questo robot. La carriera di Roglič ha oscillato più volte tra estremi opposti forse più di qualsiasi altro ciclista di punta, nelle ultime stagioni.

Parlo con lui in una video-call di Zoom mentre si trova in allenamento in altura a Sierra Nevada. "Mi piacciono le corse così come sono, con tutte le loro incognite" mi dice. "E alla fine, mi piace anche il controllo. Non sempre è possibile eseguire un proprio piano, in corsa o in allenamento. È il ciclismo, bisogna dare il meglio ogni giorno, in ogni momento, senza sapere esattamente come si fa. Cerco di non pensare o preoccuparmi di cose che non si possono controllare. Non provo a gestire cose che sono incontrollabili, le accetto ”. Fin qui non c’è niente che non mi aspettavo di sentire, evidentemente Primož Roglič è un maestro del controllo. Poi prosegue con il discorso, riuscendo a dargli un senso più ampio.
"Ognuno di noi cerca costantemente di organizzarsi, di pianificare, di tenere tutto sotto controllo ma le nostre vite vanno così veloci, ci sono così tante cose che accadono ogni giorno, così tanti cambiamenti di programma, che è impossibile gestire tutto. Con il passare del tempo sono diventato una persona aperta e non mi preoccupa più non riuscire a controllare tutto quello che mi circonda. Carpe diem. Cerco soltanto di vivere il momento, e di godermelo".

"Intendo dire, se non lavorassi duramente per vincerlo, o se non lo aspettassi con ansia o se non cercassi costantemente un modo per farcela, allora non dovrei nemmeno andarci a correre, al Tour de France. Programmare e controllare il controllabile è il mio modo di fare ordine. Tutto quello che non è controllabile invece, come vento, pioggia, cadute, avversari più forti di me, giornate storte quando capitano, lo accolgo con gioia".

È psicologicamente indistruttibile, Primož Roglič. Resiliente. Molte persone, ciclisti professionisti e non, parlano di controllare il controllabile e di accettare le incognite senza però sembrare troppo convinti. Roglič invece sembra molto sincero e autentico, su questo. 

Su YouTube c’è un video del Giro d'Italia 2019, un'altra corsa che Roglič ha perso in circostanze caotiche e imprevedibili battagliando con Vincenzo Nibali, mentre Carapaz faceva zitto-zitto il proprio comodo. Piove a dirotto, Roglič in Maglia Rosa sta rientrando in gruppo dopo una caduta, con i pantaloncini strappati e un gluteo talmente abraso da sembrare di una fetta di roast-beef. Dopo aver parlato delle circostanze della caduta, Roglič dice del Giro: "Grande casino". Il suo direttore sportivo Jan Boven risponde: "Grande casino, questo è il Giro". Roglič pedala per qualche secondo in silenzio, poi aggiunge, a mezza voce: "A me piace".

"Essere Vincenzo Nibali" - Leggi l'intervista qui

La moglie di Primož  Roglič, Lora Klinc, fa un'interessante osservazione sul marito all'inizio di un video-documentario che Jumbo-Visma ha prodotto sul proprio capitano nel 2018, si intitola The Roglič Story: from Telemark to Tour Glory.

"Ci sono due Primož diversi", spiega. "Uno è il ciclista e l'altro è Primož così come è. Il ciclista è freddo e distante mentre il Primož, in realtà, è una persona calda e appassionata. Questa definizione ricorda un po’ ciò che Cath, l'allora moglie di Bradley Wiggins, disse su di lui all'apice della sua carriera, anche se lei definì suo marito in termini un po' meno lusinghieri. "È un po' un cretino", disse di lui non-corridore.

"Il ciclismo è una battaglia" spiega Roglič. "O si combatte, o non si combatte e si perdono le corse, quindi è abbastanza facile spiegare questa situazione. La vita normale invece è tutta un’altra cosa e quando torno a casa dopo le corse, ho bisogno di tempo per resettarmi di nuovo. Devo vivere come fanno tutti, in pace, mia moglie ogni tanto deve ricordarmelo quando torno: ‘Hey, sei tornato a casa adesso, ok?’ ".

Primož Roglič è una persona molto sensibile, è molto più della caricatura ridotta del robot con cui molti lo descrivono. È taciturno e scherzoso allo stesso tempo: i suoi compagni di squadra dicono che è simpatico e allegro. È un maniaco del controllo che è costantemente perseguitato dal caos. È il saltatore con gli sci e il ciclista, il vincitore imbattibile ma anche il perdente. Mentre ci avviciniamo al Tour de France 2022, il suo grande obiettivo dell'anno, è uno dei favoriti per la corsa, eppure la minaccia del suo giovane connazionale Pogačar, incombe. 

"Il Tour è un grande obiettivo. Prima evidentemente non ero abbastanza bravo per vincerlo. Guardando a quest'anno, penso che sia una nuova sfida, riparto da zero. So cosa devo fare per essere davvero la migliore versione di me stesso, e mi sto impegnando per esserlo".

E aggiunge: "Devo dire che i risultati degli altri non mi influenzano. Devo concentrarmi su me stesso e fare del mio meglio con i miei compagni di squadra. E poi alla fine, si vedrà"

Se Roglič sarà la versione migliore di se stesso quest'estate, sarà un contendente formidabile per la vittoria finale al Tour, anche se la fragilità che ha mostrato su La Planche des Belles Filles nel 2020 e la frequenza delle sue cadute hanno portato alcuni opinionisti a ipotizzare che la Vuelta possa essere il limite delle sue capacità di vincere i grandi giri. Lui e la sua squadra hanno anche commesso qualche errore di strategia in passato, ad esempio non riconoscendo l'entità della minaccia rappresentata da Pogačar nel Tour 2020 o da Carapaz nel Giro 2019. Tuttavia Roglič a pieno regime è una straordinaria combinazione di forze. È uno dei due o tre migliori cronoman tra i pretendenti alla classifica generale e anche uno dei due o tre scalatori più resistenti in gruppo. Inoltre, è dannatamente forte anche in volata. Essere bravi in tutte e tre queste situazioni – gare di un giorno, cronometro, grandi giri - è fisiologicamente raro: si può trovare un Alejandro Valverde, che nel suo periodo di massimo splendore era incisivo e un buon scalatore, anche se debole nelle cronometro; o un Geraint Thomas, che era ed è un buon passista e scalatore ma non così bravo sulle salite brevi, e comunque non con tutte queste qualità nello stesso momento della carriera.

"In base al ranking da qualche anno sono uno dei migliori ciclisti del mondo. Sono competitivo in ogni situazione ma alla fine non devo dimostrare niente a nessuno. Io cerco solo di fare del mio meglio giorno per giorno, concentrandomi sui miei obiettivi. Poi, vedremo cosa succederà ".

Essere così bravi come Roglič, in tanti aspetti diversi del ciclismo, è già di per sé molto raro. Ma non possiamo ignorare il fatto che prima di essere un ciclista era un atleta di livello mondiale in un altro sport che richiede qualità fisiche completamente diverse dal ciclismo. Naturalmente essere in forma e fisicamente forti è importante anche per un saltatore con gli sci, ma l'equilibrio, la propriocezione, la consapevolezza dello spazio, la coordinazione e la flessibilità sono abilità fondamentali. Nel salto con gli sci è inoltre necessario avere un rapporto peso/potenza vantaggioso e quella che gli scienziati dello sport chiamano "forza esplosiva reattiva". Quest'ultima - in parole povere - è una qualità di forza indispensabile per un saltatore sugli sci e potrebbe spiegare il colpo di pedale potente, coordinato e pieno di Roglič.

"Ho avuto l'opportunità di praticare due sport diversi ad alto livello e con il ciclismo sono arrivato a un livello ancora più alto, ora sono uno dei migliori atleti", dice. "È qualcosa che molte persone possono soltanto sognare, sono un privilegiato".

Chiarisce che vincere il Tour de France non è stato esattamente il suo sogno d'infanzia, ma piuttosto l’espressione di un desiderio più articolato: "Ho sempre cercato di essere il migliore, di dare il meglio, in ogni campo. Non importa quale cosa io facessi, la mia motivazione è quella di mettermi in gioco e di provarci. Come ho detto però, non sento di dover dimostrare niente a nessuno. È una questione del tutto personale. Ho già ottenuto un sacco di risultati bellissimi. Quello che mi motiva è l’idea di migliorare ancora. Penso sempre di essere al lavoro con uno scopo preciso, che è quello di essere la migliore versione di me stesso. Probabilmente dipende dall'ambiente in cui sono cresciuto, al tipo di allenatori che ho avuto, a ciò che mi hanno insegnato in famiglia e i miei amici d’infanzia. Ognuno di noi è diverso e deve trovare la propria strada e i propri stimoli. Sono molto fortunato ad aver raggiunto tutti questi risultati. Se ci penso, è davvero pazzesco".

Mi rendo conto che la mia impressione più rilevante su Primož Roglič comunque, nonostante tutto, non è basata su nessuna delle sue vittorie schiaccianti ottenute in questi anni e nemmeno sulla défaillance al Tour de France del 2020. La prima volta che mi sono accorto di lui è stato durante il Tour de France 2017, il giorno in cui ha vinto la tappa di montagna di Serre Chevalier. Era prima che diventasse un serio pretendente ai grandi giri: l'anno prima aveva iniziato a raccogliere buoni risultati nelle corse a tappe e ottenuto una vittoria a cronometro al Giro d'Italia, insieme a una sconfitta per qualche frazione di secondo contro Tom Dumoulin nella prova di apertura del Tour, insuccesso che gli aveva tolto la possibilità di indossare la maglia gialla per la prima volta. È in quell’ occasione che ho iniziato a capire chi fosse. A quel punto la notizia che era un ex-saltatore con gli sci sembrava essere il tratto più rilevante della sua biografia. La sua performance alla tappa di Serre Chevalier, che transitava su Col d'Ornon, Col de la Croix de Fer e Col du Galibier era stata decisamente più impressionante della crono iniziale. Entrato nella fuga iniziale e nonostante l'attacco di Alberto Contador, Roglič sul Galibier aveva staccato tutti. Ma era stata la discesa, soprattutto il secondo tratto dopo il bivio con il Col du Lautaret, la cosa che mi aveva davvero impressionato. Roglič era coraggiosamente sceso a tutta velocità, tenendo la posizione aerodinamica, l’ormai vietata supertuck, ed era totalmente in controllo e rilassato. Era immobile e silenzioso sulla sua bicicletta, immerso in un mondo di quiete e di lucidità mentre il mondo gli sfrecciava a lato sfocato. Si muoveva dalla sinistra alla destra della carreggiata e viceversa, seguendo le linee migliori e senza mai dare l'impressione di doversi muovere con braccia e corpo per agire sullo sterzo. Sembrava un alieno precipitato sulla terra ed era stato ipnotico.

 

Naturalmente, il primo pensiero fu che era un buon discesista. Certo che lo era: era stato un saltatore con gli sci, un errore di valutazione in quello sport comporta conseguenze catastrofiche e imprevedibili, ancora peggio che nel ciclismo. Quella brillante discesa (ripetuta poi nella vittoria di tappa a Laruns, nel 2019) indicava una resilienza e una sicurezza nei propri mezzi che è forse il vero tratto distintivo di Roglič. Ha grandi polmoni, un peso corporeo ridotto, forza esplosiva-elastica e tutto il resto che serve a fare di lui un grande ciclista. I suoi più grandi punti di forza sono forse l'ottimismo e la positività. Ha grinta, che è quella la capacità di riprendersi dalle avversità, di insistere, di perseverare. Invece di rimuginare all’infinito sulla sconfitta al Tour 2020, è andato a vincere la Liegi-Bastogne-Liegi senza lamentarsi o recriminare. Non sono sicuro che sia tratti di una qualità che si può acquisire, perlomeno non fino al punto in cui ne dispone lui. Il suo ex-allenatore di salto con gli sci Zvone Pograjc lo ha descritto come “un ragazzo molto motivato". Nel documentario From Telemark to Tour Glory, Pograjc, dice: "Primož era unico, anche da ragazzo. Non aveva paura di niente". E che cos'altro è il coraggio, se non una quantità smisurata di ottimismo?

 

Roglič a volte ha fatto sembrare il ciclismo una cosa troppo facile, anche se questo è meno vero da dopo il Tour 2020. Tuttavia quell'apparente facilità nel vincere che molti gli rimproverano come una colpa, nasconde un'enorme quantità di duro lavoro. Il ciclismo è faticoso, che si tratti di un vincere un grande giro o di un amatore che pedala soltanto la domenica. Roglič insiste sul fatto che i suoi risultati sono frutto di molti sacrifici.

"Certo, fare il corridore è molto impegnativo", dice. "Voi non potete sentire il mio dolore mentre pedalo e io non posso sentire il vostro quando a vostra volta pedalate, ma possiamo parlarne e capirci. Non tutte le qualità di un ciclista sono misurabili con i dati e numeri, molto succede nelle nostre teste. Quasi tutto quello che succede nel ciclismo dipende da ciò che siamo disposti a sopportare”.

"Il ciclismo è dedizione, sacrifici e allenamento. E anche convinzione nei propri mezzi. Ho dovuto lavorare molto duramente per ottenere questi risultati e strada facendo ho avuto anche parecchie delusioni. Non è che ho iniziato vincendo da subito ogni gara. Magari".

Per riuscire a vincere il Tour de France un giorno, secondo lui, non deve cambiare molto.

"Credere di poter vincere il Tour per la capacità di spingere 20 watt in più, è ridicolo. Ti devi sentire fisicamente e mentalmente il migliore ed è qualcosa che cerco di fare ogni giorno. Se sono in lizza per la vittoria, è pazzesco. Se sto facendo il mio massimo e sono in lotta per il quinto posto, per me è lo stesso pazzesco. La cosa davvero straordinaria, il privilegio di cui godiamo, è dare il meglio di noi".

Dico a Roglič che ho la sensazione che i tifosi si siano affezionati maggiormente a lui da quando ha cominciato a perdere e a mostrarsi fallibile. Lui risponde ridendo: "Speriamo che rimangano miei fan anche dovessi riuscire a vincere il Tour de France".

Purtroppo nemmeno l'anno scorso, Primož ci è riuscito.

Articolo pubblicato originariamente su Rouleur Italia n. 09

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