UN PIANO FOLLE

Annemiek van Vleuten ha salutato ieri il mondo del ciclismo, ringraziando tutti alla fine dell'ultima tappa del Symac Ladies Tour.

 

 

Intervista pubblicata in origine sul numero 09 di Rouleur Italia

La nostra conversazione con Annemiek van Vleuten è iniziata parlando di infortuni, cadute e recuperi, in particolare della brutta caduta alla Parigi-Roubaix 2021, dove aveva riportato la frattura del bacino. Mentre parliamo con lei non si è ancora completamente ripresa dal brutto infortunio ma sfoggia un grande sorriso e grande distacco. Non avendo più niente da perdere la Van Vleuten sperava in un buon inizio nelle Classiche di Primavera, e così è andata. Ha infatti vinto la Omloop Het Nieuwsblad e la Liegi-Bastogne-Liegi, ed è arrivata seconda ne Le Strade Bianche e alla Freccia Vallone. Ma non sono state solo rose e fiori: in un allenamento successivo alle prime gare di stagione, si è rotta il polso.

Nel momento in cui la intervistiamo il suo obiettivo è quello di correre il Giro d'Italia Donne e poi il nuovo Tour de France Femmes, parlare di infortuni e cadute serve da lubrificante della conversazione. In fin dei conti gli incidenti fanno parte della carriera di ogni ciclista professionista.

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"Sono sempre un po' meno giovane”, esordisce. "A volte tornare a un buon livello diventa più difficile, dopo un infortunio. Ma ho ancora molta motivazione e questo mi aiuta".

Essere già rientrata da brutti infortuni passati ti aiuta ad affrontare i nuovi ostacoli?

Il fatto di pensare a come affrontare e gestire la situazione, conoscere le fasi, aiuta molto. Bisogna saper accettare le circostanze e non arrabbiarsi. So che quello che mi serve è guardare al futuro, ma a volte ci sono infortuni in cui si è davvero a terra. Dopo la caduta alla Parigi-Roubaix, in ospedale in Francia, all’inizio mi avevano detto che avrei dovuto stare a letto per sei settimane. A quel punto devi accettarlo e sopportarlo mentalmente. Poi i medici olandesi invece, mi hanno fatto alzare in piedi quasi subito. È stato un approccio molto diverso. Si fanno tentativi e quando si prende un buon ritmo con il miglioramento, ci si concentra sul recupero. Si vedono piccoli progressi ogni giorno e questo è davvero motivante.

Hai avuto modo di parlarne con il tuo compagno di squadra alla Movistar, Alejandro Valverde, anche lui reduce da un brutto infortunio?

Quello che vedo in lui è qualcosa che vedo anche in me stessa: gli piace divertirsi. Fa dell'allenamento qualcosa di divertente, qualcosa che lo appassiona. È sempre il primo a sprintare in cima alla salita e poi festeggia come se fosse una vittoria, scherzando con i suoi compagni di squadra. Gli piace giocare e questo caratteristica lo ritrovo anche in me stessa. Alejandro dovrebbe continuare un altro anno ancora!

Il 2021 è stato un anno eccezionale per voi. Avete ottenuto molti risultati importanti e con un team nuovo e poco rodato. Vi aspettavate davvero che tutto andasse così bene e senza intoppi?

Ricordo che l'anno scorso eravamo alla Omloop Nieuwsblad quando mi sono davvero resa conto che stavo correndo in una squadra tutta nuova. Inoltre, quando ho corso la Vuelta Valenciana per esempio, avevo cinque compagne di squadra e quattro di loro mi hanno detto che non avevano mai difeso una maglia o una classifica generale. Per me è stata una novità, una situazione nuova ma già a fine anno avevamo acquisito buona esperienza.

Dopo la Omloop abbiamo parlato subito di come migliorare alcune cose, e mi sembrava già di correre con le mie compagne da molto tempo. Non c'è voluto molto. Era come un treno che si era avviato e io dovevo solo salirci sopra.

Come partecipi alle decisioni del team e come contribuisci nelle sue dinamiche?

Quello che penso sia fantastico nella mia squadra femminile, è che si tratta di un gruppo di persone molto ristretto. Di solito ci sono soltanto due meccanici e due direttori sportivi, quindi è come una piccola famiglia. E in un piccolo gruppo di persone, è più facile cambiare qualcosa che non va o lavorare su alcuni dettagli, perché tutti sono coinvolti e si sentono partecipi dei risultati della squadra. Quello che ho capito della squadra maschile invece, e lo si può vedere anche guardando la serie Movistar su Netflix, è che si tratta di un gruppo molto grande. Anche questo è bello. La squadra ha una storia, un passato. Molti atleti sono stati abituati per molti anni a fare le cose in un determinato modo. La squadra femminile è un po' più giovane, è tutto da costruire. Con le donne Movistar ha iniziato nel 2018, giusto? 

Sì, è corretto.

Quindi la squadra si sta sviluppando rapidamente, credo, ed è anche un po' più facile sviluppare e cambiare le cose in un gruppo che cresce. Posso dire che quando ho incontrato i direttori di squadra non erano abituati a iniziare la corsa con un piano gara specifico. Io invece ero già abituata a farlo nelle squadre olandesi, dove c’è un po’ più di struttura. Forse nelle squadre spagnole è un po' più... stile spagnolo, diciamo. Ma credo che alcune cose sia bene introdurle. Ho chiesto ad alcuni direttori sportivi di svolgere quotidianamente la riunione di squadra per stabilire gli obiettivo del giorno, come vincere la tappa o difendere la classifica generale, o entrambe le cose, oppure stabilire degli obiettivi diversi. E ho anche chiesto una riunione a fine corsa per valutare come sono andate le cose. Quest’ultimo è un aspetto che forse ho introdotto io, ma per il resto i direttori di squadra sono super e lavorano nello stesso modo in cui ero già abituata. È una famiglia accogliente, dove mi sento a casa. 

Il Movistar Team compie 40 anni. Riesci a sentire questa storia intorno a te?

Assolutamente sì. Ho guardato alcuni documentari sulle squadre che hanno fatto la storia insieme alla Movistar e su come si sono evolute.

Tuttavia, hai regalato alla Movistar la prima vittoria in una corsa sul pavé della sua storia, vincendo il Giro delle Fiandre nel 2021.

Sebastian Unzué mi ha detto che la Parigi-Roubaix e il Fiandre erano in cima alla loro lista dei desideri e quando mi sono unita alla squadra l'ho vinta! Obiettivo raggiunto. Aspettavo questa vittoria da dieci anni, perché la mia precedente vittoria risaliva al 2011. Wow! È stato anche speciale avere tutti loro intorno, Eusebio Unzué incluso, al traguardo. Tutti mi aspettavano dopo la premiazione sul podio. Ho sentito che era una vera e propria vittoria di squadra, desiderata e cercata da tutti.

Il Giro delle Fiandre è sempre stato nella tua lista di desideri?

Sì, anche se forse non è una gara che mi si addice molto. Mi trovo meglio nelle Ardenne, dove le salite sono un po' più lunghe. Forse la Liegi è quella che mi si addice di più. Il Fiandre è una corsa molto dura. Quando nel finale sono tutte stanche morte, le mie possibilità aumentano. Ma è piuttosto dura. Io sono più una da salite lunghe e al Fiandre ci sono solo salite di un chilometro al massimo.

Hai vinto due volte il Fiandre, due volte la Strade Bianche, sei stata campionessa del mondo su strada, ma sei anche una cronometrista eccezionale. C'è una relazione tra l'essere brava nelle gare di un giorno e nelle cronometro?

Il modo in cui riesco a vincere le gare di un giorno è che di solito sono quella che forse ha il livello di forma più alto. Quindi se è una gara è dura posso vincerla, ma solo se è una gara dura. E le gare a tempo sono una disciplina piuttosto dura. Bisogna mantenere una potenza elevata per molto tempo. Mentre per altre gare, come a Valencia quest'anno per esempio, ho un altra tattica: c’era una salita di 11-12 chilometri e ho attaccato lì, all’inizio, subito. Dovevo fare come in una cronometro. Dovevo fornire una potenza elevata per molto tempo e spingere a tutta. Per fare questo bisogna essere in forma perfetta. Una parte importante poi, è l'approccio mentale. Quando la gara è dura molte ragazze pensano: "È dura, sono stanca morta", mentre io cerco di cambiare il mio stato mentale e di pensare: "È perfetto per me, ora che è dura le mie possibilità di vincere aumentano". Quindi accolgo la sofferenza invece che respingerla. E anche le prove a tempo, sono una questione mentale.

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Ecco il motivo per cui hai vinto i Campionati del Mondo nello Yorkshire con una lunghissima fuga...

Beh, aggiungeteci anche che a volte sono una folle con idee folli, perché normalmente le persone non pensano che sia possibile fare 105 chilometri in solitaria e scattare dopo 45 chilometri dal via. Ma io ci sono riuscita.

È stata una lunga cronometro.

Credo che sia necessario impegnarsi. A volte mi impegno e basta, faccio un tentativo e provo a dare tutto, senza pensare a niente.

Una delle nuove gare di questa stagione è il Tour de France. Qual è il tuo obiettivo?

Il mio obiettivo è sicuramente quello di essere al mio massimo livello, per il Tour. Il mio programma si basa interamente su questo obiettivo. Per vincere è indispensabile essere al massimo della forma. Con la mia esperienza, ora so come essere al top della forma e cosa devo fare per raggiungerla. 

Sono solo otto tappe. Te ne aspettavi di più?

Ora per rispondere devi diventare un po' olandese e diretta: abbiamo il primo Tour de France femminile e la gente si lamenta e dice ‘sì, ma sono solo otto giorni’. È vero, ma molti guardano più a ciò che non abbiamo, invece che concentrarsi su ciò che abbiamo.

È una buona risposta.

Penso che abbiamo una gara fantastica di otto giorni. Ed è un punto di partenza fantastico. È un format fantastico. Onestamente, non sopporto chi ripete continuamente che sono solo otto giorni, che non c'è una prova a cronometro, che non è lo stesso numero di giorni degli uomini. Dovremmo concentrarci su ciò che abbiamo. È un concetto importante. Io credo molto e si può iniziare a costruire un Tour più lungo a partire da questo. Penso che al momento dobbiamo concentrarci sulla gara che abbiamo, perché è interessante.

In che senso?

Se abbiamo otto giorni avvincenti per il pubblico, questo ha più valore di 21 tappe noiose. Quindi, credo che sia un ottimo punto di partenza. Mi piace l'idea di partire l'ultimo giorno della gara maschile, perché così abbiamo l'esposizione che meritiamo. Se si organizza la gara in contemporanea con quella maschile, non si vincerà mai questa battaglia. Penso anche che dal punto di vista commerciale sia molto intelligente, perché l'organizzazione del Tour de France può vendere agli sponsor e al pubblico un Tour de France di quattro settimane. Ma questo potremo valutarlo con l’organizzazione soltanto al termine del Tour.

L'anno scorso è finalmente arrivata la Parigi-Roubaix per le donne. Pensi che replicare le gare maschili sia l'approccio migliore per sviluppare il ciclismo femminile?

È soprattutto molto importante che le gare siano ben organizzate e pensate appositamente per noi. Il Women's Tour in Gran Bretagna è un buon esempio. Anche noi dovremmo avere gare nostre, solo femminili. La Battle of the North è una corsa specifica per le donne. Con questa non stiamo copiando la Parigi-Roubaix perché è una gara pensata per noi. Abbiamo poi un gruppo femminile che ha una sua dinamica. Nelle nostre corse si gareggia in modo diverso. Si può avere lo stesso percorso, ma le dinamiche di gara, sono diverse. 

Ci mancano solo la Milano-Sanremo e il Lombardia per avere le cinque Monumento femminili

In generale nelle interviste ho sempre detto che l'Italia deve svegliarsi perché RCS organizza solo Strade Bianche e per il resto niente. E se fate un confronto con le classiche delle Fiandre, vi renderete conto che stanno facendo un lavoro fantastico per avere una gara femminile insieme a quella maschile. Muoio dalla voglia di vedere queste due Monumento italiane per noi donne e credo che prima o poi, arriveranno.

Forse sentono già la pressione.

Sì, la pressione è positiva, ma sarebbe meglio se gli organizzatori vedessero i benefici e l'interesse commerciale dell’organizzarle.

Pensi che il Tour de France Femmes possa essere un punto di svolta?

Serve costruire un modello di business attorno al ciclismo femminile. Con il Tour de France sento che stiamo diventando più interessanti da un punto di vista commerciale. A volte, se il business è prevalente, si perde della bellezza di questo sport. Sono molto felice di poter dire che il 99% delle persone che sono nel ciclismo femminile, non sono lì per i soldi. Lo fanno per passione. Quindi, se vengono coinvolti più sponsor, ciò comporta più denaro, più pressione, dinamiche diverse e meno passione, forse. Ma credo che il ciclismo debba svilupparsi e crescere, correre anche questo rischio. Il mio desiderio è che tutte le ragazze del gruppo femminile con cui corro abbiano un salario minimo. Questo non è ancora realtà. Il primo passo da compiere è un salario minimo per tutte e c'è stato un buon lavoro con le donne delle squadre WorldTour.

Quando hai vinto le medaglie d'argento e d'oro ai Giochi Olimpici di Tokyo, hai condiviso su Instagram una foto con gli atleti che avevano frequentato la sua stessa università. Ho l'impressione che la maggior parte delle cicliste abbia anche una laurea.

Credo che le donne siano ancora consapevoli del fatto che non guadagneranno molti soldi con il ciclismo. Quindi forse siamo un po' più motivate a studiare. Devo dire che per le donne studiare è un po' più facile perché le gare sono meno lunghe, soprattutto quando hai tra i 18 e i 22 anni e non sei ancora in un programma internazionale o in una grande squadra. Ho sempre cercato di suggerire alle mie compagne di squadra che se hanno tempo dovrebbero studiare, almeno nei primi anni della loro carriera, perché studiare ti rende una persona più completa. Sono orgogliosa di tutte le atlete che hanno conseguito una laurea. Quando ero alla Mitchelton-Scott, mi sono resa conto che l'Australia è molto avanti con i programmi di studio online. Quindi, tra tutte, credo che non ci sia nessuna che non abbia seguito una formazione. Questo mi rende ancora più orgogliosa delle ragazze. 

Ti vedi prima o poi a mettere in pratica ciò che hai studiato all’università?

Sono un' epidemiologa e al momento questo è un tema piuttosto caldo per via del Covid-19. Ho finito gli studi e mi sono divertita molto ma non ho alcuna ambizione di entrare nel mondo scientifico. Preferisco usare le mie energie per lavorare con le persone, magari per allenare giovani atleti. In generale mi piace fare da stimolo soprattutto alle donne e aiutarle a scoprire la bicicletta come possibilità di interazione sociale. La bici aiuta a stringere amicizie e a rimanere in salute. Si può usare la bici come mezzo di trasporto per andare al lavoro, cosa che nei Paesi Bassi è abbastanza normale. Possiamo convincere più persone ad abbandonare l'auto e ad andare in bicicletta, invece. Mi piacerebbe molto contribuire a far salire più persone in bicicletta e in fin dei conti a rendere il mondo migliore. È questo il mio futuro.

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