Tom Pidcock 
~ Sala giochi

Testo di: Andy McGrath

Fotografie di: Sean Hardy

Il tavolo da air hockey si accende e l’aria comincia a soffiare dai fori; la partita è iniziata e i dischi viaggiano veloci. L'addetta stampa di Ineos Grenadiers con un colpo secco lancia il disco in goal, Tom Pidcock va subito sotto di un punto. Un guizzo di sorpresa gli attraversa il volto. Ecco immediatamente venire fuori l'agonista che c'è in lui: non si abbatte, si concentra e colpo su colpo, a fine partita, ha ribaltato il risultato.

Tom non è una persona abituata a perdere. A ventitré anni, sportivamente parlando, è in grado di fare qualsiasi cosa: strada, mountain bike, ciclocross, corsa a piedi e perfino monociclo. Da oggi sappiamo anche del suo talento nell’air-hockey. Definirlo un atleta versatile, è riduttivo.

In un biennio agonistico ricco di momenti salienti in diverse discipline ciclistiche, spiccano l'oro olimpico nella mountain bike cross-country del 2021 e la vittoria nella tappa dell’Alpe d’Huez al Tour de France dell'anno scorso. "Non che vincere al Tour sia facile, ma tra le due vittorie, quella alle Olimpiadi è stata più difficile", dice Pidcock. "Perché mi ero rotto la clavicola e per recuperare ed essere pronto per Tokyo avevo dovuto lavorare duramente per due mesi. Quando sei infortunato, vivi tutto molto più intensamente". Il chirurgo aveva stimato un recupero post-operatorio di sei settimane; Pidcock era tornato in sella dopo sei giorni. 

Thomas Pidcock è come un bambino ai comandi di un artiglio robotico in sala giochi, ha il potenziale e il talento per pescare con nonchalance la vittoria in qualsiasi gara. La vittoria di tappa al Tour de France in uno dei luoghi simbolo della gara, le ottime prestazioni nelle classiche del nord a inizio stagione, la maglia iridata nel ciclocross conquistata negli Stati Uniti e le vittorie in Coppa del Mondo di mountain-bike, oltre al secondo posto nella classifica finale della maglia bianca al Tour, ci dicono che gli anni a venire ci divertiremo.

A Tom piace chiacchierare ed è dotato di un grande senso dell'umorismo. Vi riproponiamo alcune delle domande poste dai lettori di Rouleur attraverso Instagram pubblicate sul numero 10 di Rouleur Italia.

Un consiglio: non sfidatelo attaccando i suoi KOM su Strava.

Qual è la parte più difficile dell'essere un corridore professionista e perché?
- Seth Aszalos

I sacrifici che si fanno. Non solo quando ti alleni, ma tutto il tempo, tutto. Tutta la tua vita ruota intorno al ciclismo, davvero. E solo in poche settimane all'anno che hai del tempo libero per te e puoi davvero fare ciò che vuoi, senza pensare a ciò che significa, se puoi allenarti bene il giorno dopo o se sei troppo stanco o altro. 

Se potesse scegliere una sola gara da vincere in tutta la sua carriera di ciclista professionista (su strada, ciclocross o mountain bike), quale sarebbe?

Fabio Rezende - Girona

Ho sempre detto i Mondiali su strada élite, ma in realtà lo dicevo prima delle Olimpiadi. Tutti nel mondo seguono le Olimpiadi, che amino lo sport del ciclismo o meno, quindi forse quell’obiettivo l'ho già realizzato, non lo so, devo pensarci. In ogni caso il piano è quello di puntare alla prova su strada di Parigi 2024.

Qual è la cosa difficile quando si cambia disciplina? Il tuo assetto da MTB è influenzato da quello da strada o viceversa?

Miguel Vega

L'unica cosa che cambia è il fattore Q delle pedivelle, cerco di cambiarlo il meno possibile. Poi la parte più difficile è l’adattamento a una nuova bici. La bici più difficile a cui abituarsi è sicuramente quella da cronometro. Con la maggior parte delle bici mi abituo dopo dieci minuti, ma con quella... per essere veloce ci vuole molto lavoro. Al momento la uso solo sui rulli al mattino, prima di fare colazione e prima dell’allenamento in strada. È difficile qui [ad Andorra, n.d.r], bisogna scendere in Spagna per usarla con profitto. A volte ci faccio dei giorni di riposo, ho una corona da 34 all’anteriore, così posso affrontare anche le salite senza distruggermi!

Sai andare in monociclo?

Dave Beck

Sì, lo so fare. Ne ho uno a casa, in Inghilterra. Lo usavo con i miei amici a scuola, per andare nei boschi e cose del genere, ma è come andare in bicicletta: una volta che sai come farlo, è per sempre. Probabilmente però ora non sono più in grado di fare 360 e cose del genere. Il segreto è trovare l'equilibrio un po’ alla volta, la cosa più difficile è partire e non rovinarsi gli stinchi.

C'è la possibilità di vederti correre un 5.000 metri in pista per vedere veramente quanto sei veloce?

Duncr

Sì, prima o poi lo farò. La Nike vuole che lo faccia in Oregon, nella loro struttura, quindi prima o poi lo farò. Vedremo. Prima voglio allenarmi un po’. Voglio rimanere sotto i 15’ minuti, altrimenti è inutile, no?  

Se potesse correre in un'altra epoca, quando sarebbe e perché? 

John Lunt

Probabilmente il 2012. Sono abbastanza giovane, non so molto di prima del 2012, quindi non ricordo di aver visto corse degli anni '80 o cose del genere.  Il miglior filmato sportivo che abbia mai visto è quello di Wiggins che vince la cronometro alle Olimpiadi di Londra. Ti fa sentire orgoglioso di essere inglese. 

Hai qualche consiglio su come fare l'impennata perfetta senza rompere le ossa o la bicicletta?

Derek Yapp

La regola numero uno è non cadere! Per rompersi un osso in un’impennata devi sbagliare di grosso. Una volta anche io mi sono ammaccato il coccige, ma non me lo sono rotto. Per imparare bisogna regolare la velocità con il freno posteriore mentre si impenna. Le ginocchia servono per bilanciare destra e sinistra. 

Dato che sono un ragazzo che sta studiando a scuola e che ama sia il ciclismo che la corsa, vorrei chiederti: quando eri impegnato negli esami scolastici, come riuscivi a conciliare lo studio con l'allenamento?

Joe Taylor

Della scuola rimpiango di non aver imparato più cose che mi interessavano. Per me, che ho sempre pensato che sarei stato un ciclista professionista, un voto oppure un altro scritto su un foglio di carta alla fine di un esame, non faceva una grande differenza. Ma credo che sia importante impegnarsi a imparare il più possibile le cose nuove, anche quelle che non ci piacciono, e io non sempre l’ho fatto.

Qual è la lezione più importante che hai imparato su te stesso nel tuo primo anno completo a livello WorldTour?

Michael Holden

Bella domanda. Non ne sono sicuro. Ho imparato molto il primo anno, ma si tratta di piccole cose che si imparano sempre durante le corse. Essendo il meno esperto della squadra, tutti hanno qualcosa da darti. Nel secondo anno ho imparato soprattutto ad avere pazienza e ad accettare gli alti e bassi di forma. 

Iron Maiden o Metallica?

Ian Marples

... Non li conosco

 

 

Nel ciclocross e nella MTB, chi sono stati i tuoi idoli?

Daniel Boast

Onestamente il primo anno in cui sono partito per il Belgio e ho fatto qualche gara quell'anno, non conoscevo nessuno nel ciclocross. Non seguivo affatto questo sport. Poi ai Mondiali ho scoperto chi era Sven Nijs. Poi ho iniziato a seguirlo da junior e in quel periodo Wout van Aert gareggiava e anche Mathieu van der Poel, che era campione del mondo. Quindi i miei riferimenti erano Mathieu e Wout. Per la mountain bike, che seguo un po' di più, guardando anche le Olimpiadi, ovviamente Nino Schurter. Nino, è il top.

Chi vedi come tuoi concorrenti naturali nella nuova ondata di talenti del gruppo?

Dom Carr

I ragazzi della mia età: Pogačar, Remco Evenepoel, oltre a Mathieu e Wout.

Com'era il caffè stamattina?

Pavel Sivakov, compagno di squadra dei Granatieri Ineos

Cosa vuole Sivakov? Mi prende in giro, lui lo sa: io non bevo caffè, da piccolo accompagnavo mio padre che beveva l’espresso al bar e mi dava una zolletta di zucchero da leccare. Un giorno il caffè l’ho provato anche io ma non mi è piaciuto, non l’ho mai più bevuto. Perché dovrei berlo? C’è più caffeina nei gel che in una tazzina di caffè, quindi posso comunque continuare a farne a meno, non è vero?

 

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