DATEMI UNA BORRACCIA | Giro 2023 | Tappa 15 Seregno-Bergamo

Della salita di Selvino, quella che ieri i corridori del Giro d’Italia hanno scalato per seconda dopo Valcava, conosco tutto: ogni centimetro, ogni ruga dell’asfalto, ogni buca, ogni scritta sui muri, ogni giuntura nel manto stradale. È la mia salita di casa e non mi stanco mai di ripeterla. E lunga dieci chilometri ed è sempre pedalabile, ha una pendenza media del 6%. Per arrivare all’attacco partendo dalla porta di casa mia sono neanche cinque chilometri, bastano pochi minuti. 

Era dal 30 maggio del 1995 che il Giro d’Italia non passava su questa salita, allora si era trattato di una cronoscalata che prima del Selvino includeva anche il Colle Gallo, un’altra salita molto conosciuta e apprezzata qui in zona. A vincere quel giorno fu Tony Rominger che per l’occasione aveva utilizzato una bicicletta speciale costruita da Ernesto Colnago dotata di ruote da 26”, una di quelle che oggi non si possono usare. Di quel giorno ricordo una folla oceanica e la compagnia, le persone sudate e allegre, il buonumore degli spettatori, il sole bruciante, le birre e il vino e l’odore penetrante delle braciole alla griglia che galleggiava nell’aria. Era stata una vera festa del ciclismo, forse l’evento che ha trasformato la strada di Selvino in un vero e proprio luogo di culto per gli amanti del pedale. 

A quell’epoca non esisteva Strava, quindi per quel che riguarda i tempi di salita del vincitore più che dei dati esatti abbiamo ricevuto in eredità una leggenda. Si dice che Tony Rominger abbia compiuto la salita in 22’45” a oltre 29 km/h di media, un tempo che anche oggi gli garantisce ampiamente il KOM sul segmento Strava. 

Immagine: Rcs Sport

Ieri il passaggio della corsa è avvenuto piuttosto rapidamente, io ero appostato su uno dei tornati in alto. Per primi, con circa 6’ di vantaggio, sono passati 17 corridori in fuga, tra questi mi ero appuntato i nomi di Brandon McNulty e Ben Haley che pedalava più facile di tutti in fondo alla fila. Poi è passato il gruppo con gli uomini di classifica che procedeva compatto. Infine sono arrivati i velocisti con Jonathan Milan in maglia ciclamino a fare l’andatura. Jonathan, facile da riconoscere anche grazie alla sua grande corporatura, è stato di gran lunga l’atleta più applaudito e festeggiato dai tifosi a bordo strada. Lui saliva con il sorriso.

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Dopo il gruppetto dei velocisti, un po’ staccato è arrivato Fernando Gaviria scortato da un compagno del Team Movistar. Dopo un altro po’ ancora, quando le ammiraglie erano quasi sfilate tutte e gli spettatori a bordo strada avevano già cominciato a inforcare le loro biciclette per la discesa, è arrivato Mark Cavendish. E lì è successo qualcosa di speciale: tutte le persone hanno ripreso la loro posizione a bordo strada e si sono messe ad applaudirlo e a incitarlo con affetto. Tutto il tifo era per lui. Succede sempre per i grandi campioni a fine carriera che non mollano il colpo, il pubblico li ama.

Sprintando sono tornato a casa in fretta con la mia bici e mi sono messo davanti alla TV. A quel punto la gara stava transitando per la prima volta a Bergamo e mi sono reso conto che i corridori di classifica non si sarebbero mossi, nemmeno sulla salita della Boccola al secondo passaggio. Troppi rischi per guadagnare una manciata di secondi soltanto.


Mi sono goduto la fuga di McNulty e Haley a cui si è aggiunto un testardo e determinato Marco Frigo, a cui la vittoria è sfuggita davvero per un soffio. La parte più spettacolare della gara comunque, devo ammettere, è stata il tratto cittadino che portava fino in Città Alta ed i protagonisti sono stati i tifosi. A parte qualche idiota con i fumogeni, c’era un clima elettrizzante. Lì la corsa è passata due volte e il pubblico era entusiasta e scalmanato, festante, in piccolo quello che ho visto tante volte sulle salite delle gare in Belgio e quello che vedevo accadere in passato sulle grandi salite del Giro. Ieri lungo i tornanti del Selvino c’era davvero poca gente, rispetto a quanto mi aspettavo.

In quel momento si è fatto spazio in me un pensiero: non è che per caso i grandi giri non ci sembrano più entusiasmanti come una volta perché noi spettatori siamo diventati meno pazienti? Siamo così poco pazienti che tre settimane sono un tempo lunghissimo e anche andare a vedere una corsa dal vivo ci sembra uno spreco, una perdita di tempo. In fondo il passaggio dei corridori dura pochi secondi in tutto. Diciamolo: la telecronaca della gara, che uno la guardi in TV, sullo schermo del telefonino o su un megaschermo in piazza, è più comoda da seguire rispetto ad andare a vedere la gara su una lunga salita. 

Non è che per caso le gare di un giorno, come la Milano-Sanremo, la Strade Bianche, il Giro delle Fiandre o la Parigi-Roubaix ci sembrano più spettacolari – e probabilmente lo sono – perché sono meno tattiche e più godibili per uno spettatore? Non è che le gare di un giorno sono divertenti e i grandi giri mediamente un po’ noiosi? 

A bordo strada sul Selvino, seduto a fianco a me sul guard-rail avevo un ragazzino di 11 o 12 anni che era salito in bici con il padre, abbiamo fatto un po’ di chiacchiere. Indossava la vecchia maglia della BORA-Hansgroe e mi ha detto che aveva fatto tutti i dieci chilometri della salita in sella a una MTB “non elettrica”, ha tenuto a precisare. Aspettava impaziente i corridori. “Tra quanto arrivano, papà?”. Quando è passato il primo gruppo ho notato che conosceva quasi tutti i corridori per nome e cognome e li individuava al primo sguardo. Impressionante. Gli ho chiesto quale fosse il corridore per cui lui faceva il tifo e mi ha detto Thibaut Pinot. Il corridore preferito del padre invece è Mathieu van der Poel, “perché ci prova sempre”. 

Poi ho chiesto a questo ragazzino che cosa gli piacesse dell’essere lì sulla salita a vedere la corsa, ero davvero curioso di saperlo. “Io oggi spero di portare a casa almeno una borraccia”, mi ha spiegato.

Come dargli torto. 

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